Dall’u-topia all’eu-topia

Agli esordi della società industriale le utopie urbane di pensatori come Owen e Fourier ambiscono a creare un ordine nuovo, dedotto dai bisogni e dalle aspirazioni umane. Utopie che prendono le mosse da esigenze di giustizia sociale per creare collettività limitate, ma dotate di tutte le istituzioni e di tutti i servizi indispensabili. E tentano di rispondere ai nuovi problemi con soluzioni razionalizzatrici sempre più audaci, fino alla “Ville Radieuse” e “Chandigarh” di Le Corbusier. Al modello del falansterio si oppone il movimento culturalista per iniziativa di esteti e riformatori sociali come Ruskin e Morris, che invocano invece la considerazione della comunità, il contatto con la natura, il vicinato, il rispetto delle vecchie forme urbane, con soluzioni che arrivano a comprendere la “Città-giardino” di Howard. Entrambe queste tendenze portano con sé i limiti propri dei modelli astrattamente e minuziosamente precostituiti, deterministici, dirigistici e di fatto autoritari. Corviale nasce nel fuoco di queste visioni utopiche. Negli ultimi anni grazie all’impegno dei suoi abitanti, di alcuni promotori, veri e propri attivisti di un rilancio dell’insediamento, nonché di parte del mondo dei saperi, ha iniziato un inarrestabile processo di riconsiderazione territoriale che ha superato l’immagine di un fallimento dell’utopia, diventando luogo di intense attività sociali, culturali e sportive e ponendo le basi per uno sviluppo dell’insediamento alla luce di nuove progettualità. Ed è la forma di siffatta varietà a dare nuovo contenuto alla bellezza, al di là di ogni regola canonica precostituita. L’u-topia (non-luogo) si sta finalmente trasformando in eu-topia (bel luogo), superando l’ambiguità di Tommaso Moro, che nel coniare il concetto giocava sull’omofonia dei due termini in inglese. Corviale è una delle eccellenze architettoniche del Paese perché rappresenta una particolarissima e radicale forma dell’abitare che si richiama al modello del falansterio. È pertanto un’esperienza che appartiene a una cultura architettonica e urbanistica che ha avuto in passato un ruolo essenziale nella costruzione della città contemporanea. Una cultura strettamente legata a un modello di welfare che vedeva nettamente separata, dal versante delle funzioni e dei meccanismi regolativi, la produzione di ricchezza da una parte e gli interventi abitativi, sociali, educativi, culturali dall’altra, da realizzare con politiche di tipo redistributivo e gestite direttamente dalla mano pubblica. Una cultura associata anche a una visione urbanocentrica del governo del territorio, che concepiva nettamente sconnesse le funzioni della città da quelle svolte dalle campagne.

 

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *